I tempi dell’educare

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L’educazione lenta

Passare da una concezione quantitativa dell’educazione ad una qualitativa

I ritmi dell’educazione oggi sono gli stessi della società: frenetici.
Nelle scuole tradizionali le conoscenze appaiono come un capitale che bisogna accumulare.

Bisogna avere di più ed il più rapidamente possibile. Occorre che i bambini imparino subito a camminare, e poi a parlare, e poi a scrivere. E una volta a scuola, c’è l’ossessione del programma da portare avanti: una lista di cose che bisogna assolutamente imparare entro un tempo prefissato.

La scuola che corre in realtà è una scuola che non educa, poiché l’educazione, è un’attività naturalmente lenta, se correttamente intesa come l’educazione «che trasforma la conoscenza in saggezza, l’educazione che si realizza in profondità».

Bisogna decidere quali sono le priorità. Non si può insegnare tutto. Bisogna decidere quali cose è davvero importante sapere, ed a quelle cose dedicare il tempo necessario. Si tratta, in sostanza, di passare da una concezione quantitativa dell’educazione ad una concezione qualitativa. La liberazione dalla corsa per il programma consentirà anche di rispettare i tempi di apprendimento differenti degli studenti: in una educazione lenta, non competitiva, c’è tempo per tutti.

L’educazione lenta integra le tre dimensioni temporali del passato, del presente e del futuro alla luce del concetto di sostenibilità.

Le nostre azioni hanno conseguenze a breve o lungo termine, che possono essere positive o negative. Il presente è il risultato delle scelte fatte nel passato, così come il futuro risulterà dalle scelte fatte nel presente. In un tempo di grandi incertezze, non si può non fare molta attenzione alle conseguenze future delle nostre azioni, al tempo stesso cercando di recuperare il meglio dal passato.